La società a Creta prima della conquista achea di Enrico Pantalone
La società cretese in realtà era divisa in tanti piccoli
particolarismi (tante quante erano le isole si sarebbe tentato di dire..) e
prima della venuta dei conquistatori achei ognuno d’essi aveva proprie legislazioni
e strutture organizzative spesso completamente differenti l'un l'altra.
Non è il nostro caso esaminare questi particolarismi che
indubbiamente non incidevano più di tanto nella vita quotidiana e
nell’esercizio delle funzioni principali, atteniamoci perciò alle strutture
basilari, ai pilastri organizzativi della società cretese.
In linea generale possiamo definire quattro grandi classi
che tutto sommato erano simili tra loro in ogni luogo e che comunque danno
un'idea almeno obiettiva di come ci si muoveva politicamente e socialmente ed
alla cui sommità della gerarchia
troviamo quella che comunemente viene detta “aristocrazia di nascita” regnante
dagli esordi di questa civiltà che divideva in proprio sia il potere religioso
che quello più strettamente amministrativo-politico e più probabilmente il
tutto veniva gestito attraverso una commistione tipica dell'era in cui ci
muoviamo, cioè ancora basata sulla forza.
Poi v’era appena un gradino più in basso la nobiltà militare
o quella per censo composta dai
guerrieri, degli addestratori e dei diplomatici, militari con speciali
prerogative: unita alla nobiltà di nascita formava un formidabile costrutto
sociale difficilmente scalzabile..
La terza classe nell'ordine gerarchico era quella degli
agricoltori e allevatori, che spesso anche in questo caso si mischiava, giacché
un buon contadino possedeva anche capi di bestiame e l'interesse simile
fagocitava le scelte ottimali, un classe indubbiamente mediamente ricca che
però non poteva aspirare al potere, in pratica questa classe garantiva i
necessari sostentamenti economici allo stato, ne riceveva protezione, ma doveva
seguirne per forza le regole.
Più sotto e come ultima classe sociale di gente attiva si
trovava quella dei demiurghi, l'artigianato locale al servizio generalmente
della comunità, in pratica l’ultima classe libera.
Una delle caratteristiche principali sviluppate da queste
classi sociali era il consociativismo, in altre parole delle corporazioni che
gestivano la vita comune della propria categoria d’appartenenza.
Questo era possibile dal fatto che il principio a cui i
cretesi assegnavano il buon vivere era quello relativo alla famiglia intesa in
senso molto allargato, presente in ogni classe o in ogni corporazione ed a cui
si doveva fare riferimento per il modello di vita da seguire .
In pratica gli anziani, ovunque si trovassero, fossero guerrieri, sacerdoti, maestri o
allevatori, gestivano il potere in nome della collettività della propria classe
sociale o categoria, probabilmente riunendosi successivamente in assemblee
presiedute dal sovrano e che erano attuate in caso di gravi necessità.
Fin qui la società “libera” che come abbiamo visto
esercitava la vita quotidiana attraverso forme e sistemi collaudati dall’alto
verso il basso, che se non consentiva passaggi particolari tra una classe e
l’altra, consentiva di arricchirsi e prosperare in una certa tranquillità:
ognuno sapeva cosa doveva fare e quale era il suo ruolo specifico.
Indubbiamente oltre a queste quattro macrocategorie
n’esistevano altre non classificabili in senso stretto, in pratica non avevano
alcun diritto, ma che abitavano ugualmente i territori, non si trattava certo
di schiavi, piuttosto di gente proveniente da luoghi diversi e quindi senza
diritto di nascita per esercitare un benché minimo atto anche solo
amministrativo.
I servi o gli schiavi erano sostanzialmente alieni da
qualsiasi classificazione: potevano essere paragonati a servi della gleba se
dovevano rimanere a coltivare la terra oppure schiavi veri e propri se essi erano
venduti a piacimento del padrone come fosse bestiame.
Naturalmente la distinzione sembra d’obbligo perché il servo
della gleba aveva diritto in ogni modo ad una sua casa, poteva sposare una
donna libera e possedere dei beni, solamente non potevano partecipare alla vita
pubblica ed una volta morti non potevano trasmettere nulla a livello
ereditario.
Si può presumere con certezza che essi furono soprattutto
guerrieri catturati nelle battaglie a cui si concedeva probabilmente un
privilegio particolare pur nella prigionia.
Poi egli aveva in ogni modo la possibilità di riscattarsi
con il tempo e quindi pur nella sua condizione non certo brillante aveva
speranze di miglioramento, cosa che non poteva certamente dirsi per lo schiavo
che invece non aveva diritto a quasi nulla ed essi passavano la vita nei lavori
più pesanti, alle corvèe più indecorose, al lavoro coatto senza speranza.
Indubbiamente, qui come in altre società lo schiavismo non
era sempre frutto di preda bellica, ma anche intrinseco alla società e al
territorio, spesso lo schiavo era venduto dai suoi stessi parenti per riparare
ad un danno o solamente per denaro.
La vita sociale a Creta non era certamente diversa da quella d’altri territori dell’Egeo, ma indubbiamente esisteva una buona forma di flessibilità certamente dovuta all’instaurarsi di una primordiale economia di mercato che permetteva a tutti di avere soddisfazioni seppur limitate al proprio ambito particolare.